Dopo l’assassinio di Charlie Kirk, il luminare fondatore dell’organizzazione giovanile conservatrice Turning Point USA, colpito a morte da una raffica di proiettili durante un evento alla Utah Valley University, la sicurezza in Italia è improvvisamente diventata il nuovo mantra degli esperti. Naturalmente, il pericolo che qualche lupo solitario di qui copi la stessa brillante idea di armarsi e sparare aleggia tra le stanze del potere, nonostante non sia stata trovata nemmeno l’ombra di una pista che possa far scattare l’allarme rosso.
Si è persino scoperto l’arma del presunto killer, come se fosse un tassello fondamentale in un gioco che tutti fingono di prendere sul serio. A quanto si dice, il colpevole è uno studente universitario, immortalato anche in video: una trama degna di un thriller poco credibile.
Al glorioso Viminale, proprio mentre la campagna elettorale per le regionali è in pieno fermento e il dibattito politico s’infiamma sulla presunta crisi medio orientale, qualcuno si è finalmente accorto che forse, dico forse, sarebbe saggio abbassare i toni. Esattamente quel tipo di saggezza che di solito emerge quando ormai è troppo tardi.
Matteo Piantedosi, il raffinato ministro dell’Interno, ha ripetutamente rivolto inviti a tutti — sì, proprio tutti — a non alzare il volume delle polemiche e a mantenere la dialettica entro limiti civili. Come se l’invito fosse una bacchetta magica capace di fermare l’inarrestabile slancio verso l’odio verbale e, di conseguenza, quello fisico.
I paradossi non mancano: mentre estremisti di varie fazioni si scambiano insulti a mezzo social e Piazza, chi dovrebbe garantire la sicurezza si limita a suggerire di non esagerare. Un invito gentile, forse un po’ fuori luogo in un clima sociale già bollente, ma può darsi che l’arte della diplomazia mista a speranza funzioni meglio di quanto immaginiamo.
In sostanza, mentre in America si muore per le idee e la violenza esplode sotto i riflettori, in Italia si preferisce mantenere la calma apparente e contare sulla dissuasione verbale. Strategie che, come abbiamo imparato con la storia recente, sono più efficaci del piombo sparato in faccia. O almeno ci si illude così.