L’attesa per scoprire cosa ha deciso di lasciare Giorgio Armani oltre al suo celebre senso dello stile sta raggiungendo livelli da thriller aziendale. Nessuna data certa per l’apertura del testamento, ma la finestra varia da oggi fino al prossimo mercoledì, così chiunque voglia assistere alla soap opera ereditiera ha tutto il tempo per segnarsi l’appuntamento. Al timone di questa delicata operazione la protagonista è la notaio milanese Elena Terrenghi, pronta a mettere mano all’interminabile iter burocratico della successione.
Per dare il via alle danze serve ovviamente un estratto riassunto dell’atto di morte. Un documento che normalmente si prende quindici giorni di vacanza prima di uscire, ma psicologicamente, vista la portata mediatico-finanziaria della faccenda, qualcuno spera in una corsa contro il tempo che dimezzi i tempi. Del resto, il mondo dello stile non può attendere troppo per scoprire a chi finiranno i guadagni di un impero da capogiro.
Giorgio Armani, classe 1934, se n’è andato il 4 settembre scorso a 91 anni. Non ha lasciato né figli né un coniuge, quindi ha potuto amministrare il proprio patrimonio come meglio credeva, godendo del lusso raro di un testamento senza legami “necessari” imposti dalla legge. In vita aveva messo in piedi uno statuto blindatissimo per il suo gruppo, tutta una faccenda complessa con sei diverse categorie di azioni, e un ruolo da primadonna assegnato alla Fondazione Armani.
La cerchia chiamata dal notaio per la cerimonia della lettura dovrebbe comprendere la sorella Rosanna Armani, le nipoti Silvana e Roberta Armani (figlie del defunto fratello Sergio), Andrea Camerana, figlio di Rosanna, e Leo Dell’Orco, compagno di una vita e braccio destro del re dello stile. Questo cast da soap aziendale siede già nel consiglio di amministrazione del Gruppo: Dell’Orco è nominato coordinatore del comitato ristretto che guiderà la barca fino al cambio di governance. Camerana e le cugine rappresentano la famiglia, fianco a fianco con nomi non da poco come il fondatore di Yoox, Federico Marchetti, e il banchiere di Rothschild, Irving Bellotti.
Lo statuto, aggiornato di fresco nel 2023, si basa su sei categorie di azioni, con poteri di voto e governance differenti, ma uguali diritti economici: wow, davvero democratico, vero? Le azioni di categoria A (che pesano il 30% del capitale) e F (il 10%) sono quelle davvero protagoniste. Le prime conferiscono 1,33 voti ciascuna, mentre le seconde ben 3. Così, con solo il 40% del capitale controllato, chi possiede le azioni A e F può condurre il gioco detenendo più del 53% dei voti e nominare in modo quasi dittatoriale presidente e amministratore delegato.
Indiscrezioni danno come quasi certa la Fondazione Armani destinataria delle azioni più “pompate” A e F, centralizzando il regno del gruppo sotto un unico scettro. Gli eredi e i fedelissimi collaboratori si accontenterebbero delle categorie B-E: tanta capitale in mano, ma zero potere reale da soli. Come ciliegina, il testamento non si limiterà a spartire quote societarie ma fisserà anche la destinazione di un patrimonio personale sbalorditivo, stimato in circa 10 miliardi di euro. Da notare immobili da favola, come un attico a New York, la celeberrima villa a Forte dei Marmi e la Capannina, affare acquistato dal gruppo a fine agosto, poco prima che Armani si spegnesse.
Un ultimo tocco di pathos: proprio alla Capannina il grande stilista aveva trovato l’amore della vita, Sergio Galeotti, che però ci ha lasciato prematuramente a soli 40 anni nel lontano 1985. Ironia del destino, quel luogo caro torna protagonista nel finale di un’epoca.
Intanto, per chi si stesse domandando se la passerella si fermerà per lutto, le sfilate programmate per la settimana della moda nelle prossime due settimane nonostante tutto vanno avanti: giochino di prestigio per Emporio Armani e Giorgio Armani, accompagnate da una mostra sulla storia di mezzo secolo della maison alla Pinacoteca di Brera. Perché se è vero che la moda non aspetta nessuno, il business e il mito devono andare avanti, soprattutto quando il testamento resta la puntata finale più attesa.