Un silenzio carico di pathos, interrotto solo dal fruscio monotono dei passi su un pavimento grigio monocromatico. La camera ardente di Giorgio Armani, allestita niente meno che nel suo solito tempio chiamato Armani Teatro in via Bergognone, si è rivelata più un’esperienza sensoriale da film d’autore che un semplice luogo di raccoglimento. Buia come il cuore di un critico di moda, permeata dall’inconfondibile profumo Bois d’Encens – l’olezzo preferito del celebre stilista –, e rischiarata da un tappeto di lanterne beige, che rendevano ogni movimento solenne, quasi a fissare il tempo in un limbo di suspense.
Per due interi giorni tutta Milano ha obbedito a una certa sacralità sociale, mettendosi in coda per un ultimo, doveroso saluto al “Re” dell’eleganza – 16mila persone tutto sommato comuni, dalla fila dei dipendenti fino al più banale cittadino, passando per attori, sportivi, politici e, curiosamente, pochi colleghi stilisti, un dettaglio che non è passato inosservato. Quel pellegrinaggio umano ha occupato dal mattino le vie di Bergognone come una processione laica, più fitta nel secondo giorno fino alla rituale chiusura alle 18 in punto. Perfetta puntualità.
Tra una folla composta, nella seconda giornata si sono distinti volti noti del mondo dello spettacolo e dello sport, ognuno con il suo tributo pateticamente sincero. Enrico Lo Verso ha evocato lo sguardo dello stilista, capace di “fermare il tempo”; Stefano Accorsi lo ha definito “incapace di invecchiare”, manifestando quella tipica lusinga postuma destinata a solleticare l’ego. L’eterna musa Antonia Dell’Atte si è commossa chiamandolo “padre” e “immortale come gli dei”. Afef Jnifen, in un sublime gioco di silenzio, ha preferito il mutismo; mentre i tennisti Fabio Fognini e Flavia Pennetta hanno scherzato ricordando i consigli sulla barba di lui, sfoggiando una confidenza casuale e un po’ scontata.
La pluricampionessa olimpica Federica Pellegrini ha declamato con solennità le “rose bianche di Armani” che l’hanno accompagnata in giro per il globo, sottolineando un’intuizione virtuosa: la sinergia fra sport e moda, un connubio anticipato dal maestro, perché in fondo cosa sarebbe una piscina senza un vestito buono?
All’ingresso del 59 di via Bergognone sono transitati perfino volti forse più noti per il loro cachet che per la loro vicinanza autentica al genio. Laura Lusuardi da Max Mara, il pianista Ludovico Einaudi, le cui note – grigie e troppo pensose – hanno riempito l’aria della camera ardente. Ancora, gli stilisti Antonio Riva, i gemelli Dean e Dan Caten di Dsquared2, il designer Neil Barrett e altri nomi che sembrano più uscite da un elenco telefonico di vip. Ospiti d’onore? L’ex premier Matteo Renzi e la ministra dell’Università Anna Maria Bernini, perché ovviamente la politica non poteva mancare in questo rituale dorato.
Si sono visti anche la nipote Silvana Armani, l’ex sindaco di Roma Francesco Rutelli con la moglie giornalista Barbara Palombelli, l’europarlamentare del PD Giorgio Gori accompagnato dalla moglie Cristina Parodi. Tra le attrici, un’apparizione minima di Margherita Buy e Isabella Ferrari; dal mondo televisivo, l’immancabile volto di Alessandro Cattelan. Dal calcio, ovviamente, immancabile Aurelio De Laurentiis con consorte, e il campione dei mondiali del ‘82 Marco Tardelli con la sua metà, la giornalista Myrta Merlino. Ultimo, ma non meno noto, l’ex calciatore Paolo Maldini con moglie al seguito.
Tra i momenti più toccanti il silenzioso arrivo di Santo Versace, che all’uscita ha abbracciato a lungo la direttrice globale della comunicazione Armani, Anoushka Borghesi, senza una parola di troppo. La sorella di Giorgio, Donatella Versace, si è lasciata andare a un impeto di commozione portando un mazzo di orchidee rigorosamente bianche, che ovviamente non potevano mancare in un addio tanto perfettamente teatrale.
In mezzo alle firme dei commiati più o meno sentiti, spiccano due tavoli colmi di fiori bianchi e corone inviate da ex colleghi del mondo dello spettacolo, dello sport, persino delle case reali straniere e persino dai club calcistici. Un’ode floreale che travalica la moda, un segno che persino chi non capisce nulla di sartoria ha voluto inchinarsi al grande nome.
L’assenza più clamorosa? Quella dei grandi divi della moda, quei colleghi stilisti la cui sparuta partecipazione ha fatto storcere qualche naso. Uno stratagemma di stile o semplice declino del rispetto tra pari? Il silenzio su questo punto è tanto pesante quanto la stoffa di un abito Armani, e non è passato inosservato.
I funerali privati in un’atmosfera da sogno gotico
La scena si sposterà a Rivalta di Gazzola, pittoresco borgo medievale nel Piacentino, dove in una minuscola chiesa di San Martino, incastonata nella quiete quasi irreale, si terranno i funerali in forma strettamente privata e selettiva come la migliore campagna pubblicitaria.
Chi pensa a grandi folle o celebrazioni pubbliche, evidentemente non ha ancora assaporato il concetto di lutto a marchio Armani. Nel frattempo, sia Milano che Piacenza saranno in lutto cittadino, per esibire quanto siano sensibili quando serve.
Il sindaco di Milano, Beppe Sala, si è affrettato ad annunciare l’intenzione di iscrivere il nome dello stilista nel prestigioso Famedio, la hall of fame meneghina: un riconoscimento che, tra un sorriso e una posa, suggella l’immortalità postuma di uno che ha saputo trasformare la sobrietà in un vero e proprio mantra mondano.
Il riposo finale sarà nella cappella di famiglia, accanto ai genitori Maria e Ugo e al fratello Sergio. Quel profumo di incenso, le tenebre appena illuminate dalle lanterne, saranno il sipario sul suo ultimo gesto scenico: un addio impeccabile, essenziale e raffinato, proprio come le sue creazioni.