Si è aperta l’inevitabile camera ardente per dare l’ultimo, tanto atteso saluto a Giorgio Armani, il signore che ha deciso di appendere le sue giacche da 91 anni alla nostra memoria collettiva. Fin dalle prime ore del mattino, un esercito di fan e curiosi si è radunato come se fosse l’evento dell’anno davanti all’Armani Teatro di via Bergognone a Milano, pronti a rendere omaggio all’icona della moda ormai passata a miglior vita. Il feretro è comparso alle 8 in punto, accolto dagli applausi, come se fosse il finale di una sfilata dettata da ironia cosmica.
Tra le presenze d’onore, perché ogni cerimonia degna di nota ha i suoi protagonisti, non potevano mancare nemmeno il sindaco di Milano, Beppe Sala, il presidente di Stellantis John Elkann con consorte, l’attore Beppe Fiorello, il signor basket Gianni Petrucci e il coach di un’altra religione sportiva, Ettore Messina. Una congrega di personaggi tanto eterogenea quanto prevedibile.
Roberta, che si è presentata in compagnia dell’amico Ivan, quando le è stato chiesto un ricordo, ha risposto con la stessa spontaneità di chi ha studiato un po’ per bene il copione:
“Era una cara figura, ha fatto tanto per Milano. Una persona rigorosa e generosa. Mancherà a tutti.”
Ivan, senza mezzi termini e senza togliersi la cravatta, ha aggiunto la sua dose di retorica filantropica con la naturalezza di chi legge il colophon di un libro sulla moda:
“Volevo rendere omaggio a un imprenditore, un artista, genio e filantropo che, oltre ad aver portato l’eleganza sobria nel mondo, ha fatto tanto per la città creando spazi come l’Armani Silos proprio qui davanti. Ora vedremo cosa il Comune di Milano deciderà di dedicarli, spero un tributo grandioso.”
In fila da stamattina non mancano i giovani, quelli che probabilmente non sapevano nemmeno mettere insieme un paio di pantaloni a questa età, ma che sentono il dovere civico di rendere omaggio a “il re della moda”, come ha sentenziato senza esitazioni uno di loro. “Una persona importante, non solo sulle passerelle ma per il mondo e per Milano stessa. Il vuoto che lascia si avverte forte, non solo per la sua creatività ma per quella strana aura di maestria che emanava.”
Tra le rose bianche che molti stringono tra le dita, spuntano anche ex dipendenti e parenti degli attuali lavoratori dell’impero Armani. Una di loro, reduce da quindici anni trascorsi nell’ufficio stile, racconta con quella dolce nostalgia tipica di chi ha vissuto un’epoca aurea, forse un po’ troppo glamour:
“Ho imparato a rispettare le proporzioni nel disegno, un insegnamento che solo lui poteva dare. È stato un esempio in tutto.”