Che Milano sia ormai una città riservata a pochi con tasche ben piene è un segreto di Pulcinella. L’internazionalizzazione e l’attrattività del capoluogo lombardo sono vanto e carta da parati per amministratori e opinionisti. Peccato che la realtà per le fasce più vulnerabili sia ben lontana da questa cartolina patinata.
Il segretario generale della Cisl Milano-Metropoli, Giovanni Abimelech, prende la parola con quella schiettezza che fa un po’ da balsamo a tutte le narrazioni edulcorate che circolano sull’argomento. Secondo un’analisi che non citiamo per la questione di stile, è ormai chiaro che Milano è diventata la calamita dei grandi capitali e patrimoni internazionali, spingendo sempre più fuori dalla “zona centrale” della città chi lavora, ma non porta ricchezza da sfilare in passerella.
Abimelech non usa mezzi termini: il lavoro non manca — certo, peccato però che sia spesso lavoro “poverissimo”, malpagato, precario e di qualità talmente bassa da far venire il mal di testa a chi lo considera dignitoso. Il nocciolo della questione? Il costo della vita a Milano è un muro da scalare quotidianamente senza corda né assicurazione. Una ricerca efficace tra gli iscritti della sua organizzazione ha disvelato che uno su tre non sarebbe in grado di affrontare una spesa imprevista di soli 1.500 euro. Come se non bastasse, il 26% rinuncia persino a curarsi, paralizzato da bilanci familiari al limite dell’implosione.
Ma non è finita qui. Anche chi ha la fortuna di un contratto stabile fatica a campare in città — figuriamoci chi deve affrontare bollette, affitti e altre spese senza un’ombra di risparmio. La conseguenza? Non si trovano autisti, insegnanti, infermieri, camerieri, addetti alle pulizie, operai e un’infinità di figure essenziali per il funzionamento non solo delle finte vetrine della metropoli, ma della città reale.
Il sindacalista continua la sua requisitoria smascherando l’elefante nella stanza: gli stipendi sono stagnanti da anni, camminano a gambe incatenate dietro un’inflazione che invece corre come un treno impazzito. La soluzione? Semplice sulla carta: urgono rinnovi dei contratti nazionali di lavoro e un rilancio della contrattazione decentrata a livello aziendale e territoriale. Perché senza buste paga più gonfie, tutele adeguate e servizi di welfare, il sistema è destinato a crollare.
Il nodo cruciale si trova alle radici della piĂą grave contraddizione milanese, il mercato immobiliare: affitti e prezzi di acquisto sky high, inarrivabili. Qui la politica dovrebbe mostrare qualche muscolo, magari cominciando a mettere mano ai migliaia di appartamenti popolari vuoti, proprietĂ di Comune e Regione Lombardia, per ristrutturarli e metterli a disposizione di chi lavora, ovviamente a prezzi calmierati come prevede la legge. Ma, spoiler, servirebbe una volontĂ politica concreta che finora sembra un miraggio.



