Chi ha ancora voglia di sicurezza tra le infrastrutture mentre i dati sanitari vengono spolpati?

Chi ha ancora voglia di sicurezza tra le infrastrutture mentre i dati sanitari vengono spolpati?

Finalmente una visione davvero “innovativa” della sicurezza: una sinfonia di business continuity, guardie armate e droni intelligenti, perché fare le cose a metà oggi si può anche dimenticare.

Parliamo di una sicurezza “di sistema”, quella che, secondo Francesco Di Maio di Elt Group, Giulio Gravina di Anivip–Italpol e Nunzia Ciardi di Acn, non si limita più a chiudere porte o installare telecamere, ma mette insieme continuità operativa, presidio fisico e lotta alle moderne minacce digitali, alimentate – ça va sans dire – dall’intelligenza artificiale, l’ultima moda del momento. Dal jamming ai droni fino ai ransomware che bloccano ospedali, il loro mantra è chiaro: persone, processi e tecnologia devono andare di pari passo, come un improbabile trio da commedia del terrore.

Francesco Di Maio si lancia nella sua interpretazione della continuità operativa come fosse la nuova Bibbia della sicurezza: oggi i servizi critici infatti non servono solo le aziende, ma l’intera comunità – non preoccupiamoci se manca una definizione precisa, l’importante è sentirsi profondi. La resilienza richiede un approccio “sistematico, metodologico” e la domanda del secolo: “quanto tempo possiamo stare fermi prima di far ripartire tutto senza distruggere business e identità collettiva?”. Una domanda da far girare in tondo per ore, accompagnata dalle sue citazioni alla NATO, che ha la bontà di menzionare “resilienza” ben 12 volte per giustificare un’attenzione pro civile, come se prima i civili fossero fantasma.

Non manca l’esempio catartico: l’attacco del 2023 a un provider cloud italiano che ha lasciato sette milioni di persone offline per giorni. Punto di svolta epocale, ovviamente, e soluzione risolutiva? Pianificare meglio, “stringere rapporti con le istituzioni” e fare attenzione a ogni singolo anello della catena dei fornitori, che in un Paese di Pmi come il nostro equivale a un’impresa titanica. Se qualcosa si interrompe, tutto si blocca. Questa brillante constatazione viene lanciata come rivelazione: “La security non è un costo… è un investimento”. Incredibile scoperta, applausi.

Intanto si allarga il fronte della “guerra elettromagnetica”: il jamming ai segnali gps è il nuovo attacco da temere, mentre i droni volano minacciosi nel cielo. Parole di Di Maio: “Per noi la miglior arma contro un carro armato era un carro armato. Oggi? È il drone”. Ecco la nuova dottrina: non solo un po’ di tecnologia, ma una “cognizione a 360°” tra convenzionale ed elettromagnetico, dove l’alleanza occidentale – beninteso – può ancora vantare un “vantaggio tecnologico”, da mettere in bella mostra come trofeo digitale.

Sul terreno, la vigilanza privata si fa strada nella “grande” architettura nazionale della sicurezza. Giulio Gravina ricorda la svolta epocale di quel glorioso DM 269/2010: una vera rivoluzione, perché finalmente le guardie giurate hanno preso possesso delle infrastrutture critiche italiane. Oggi, sostiene con orgoglio, queste strutture non possono fare a meno della vigilanza privata, che lavora – attenzione – sotto l’occhio vigile del ministero dell’Interno, che verifica etica e formazione con la semplicità di un buon poliziotto di quartiere. Ecco il miraggio della “vera integrazione” tra sicurezza fisica e… beh, il futuro lo scopriremo presto.

Ah, la sicurezza digitale nelle grandi aziende: esistono già supercentri di monitoraggio che fanno sembrare la NASA un club per dilettanti. Peccato che persino una semplice telecamera possa trasformarsi, in un batter d’occhio, da sentinella a traditrice, diventando l’arma preferita di qualche genio informatico malintenzionato. Benvenuti nel magico mondo dei rischi cyber, dove nessuno è al sicuro, neanche il vostro frigo smart.

A completare questo quadretto di felicità, Nunzia Ciardi, vicedirettrice generale dell’Acn, ci ricorda che l’intelligenza artificiale non è solo la nostra amica tecnologica, ma pure quella dei cattivi ragazzi del web. Un’alleata straordinaria per migliorare ogni fase di un attacco: dall’individuazione automatica delle falle fino a malware che si adattano come camaleonti digitali, senza dimenticare i deepfake, ormai indistinguibili dalla realtà. Insomma, un vero e proprio parco giochi per i criminali informatici.

Il settore più amato da questi eroi del cybercrimine? Naturalmente la sanità, perché niente dice “scherzare con la vita delle persone” come bloccare servizi essenziali. Tra il 2023 e il 2024, circa 50 attacchi hanno messo in ginocchio le Asl, interrompendo tutto: radioterapie, pronto soccorso, trasfusioni e perfino le sale operatorie nei pressi di Rho, dove un solo attacco ha paralizzato un bacino di 500.000 utenti. Un vero capolavoro dell’incapacità di protezione. Sul campo, gli operatori dell’Acn si sobbarcano il peso di accorrere per rimettere tutto in carreggiata, ma pazienza, la vita umana è così secondaria.

Come ciliegina sulla torta, c’è il danno invisibile ma non meno letale: il furto di cartelle cliniche, con dati di minori messi in bella mostra nel dark web. Praticamente un mercato nero digitale in piena regola. Per questo motivo, ci spiegano, la cybersicurezza non è solo una questione tecnica; riguarda la nostra quotidianità, e richiede consapevolezza popolare, oltre a tecnologie futuristiche. Ed è proprio qui che il cerchio si chiude con un elegante senso di beffa.

Persone, processi e tecnologia: il tris perfetto dell’illusione

Il messaggio da apprendisti stregoni della sicurezza è chiaro: bisogna fare squadra. Persone, processi e tecnologia devono danzare all’unisono, anche se per ora sembra più un tango scoordinato. La continuità dei servizi pubblici, quindi, si affida a una mirabolante programmazione che dovrebbe partire dalle imprese. Ovviamente, il presidio fisico di siti e reti va magicamente combinato con il monitoraggio digitale, come se questo bastasse a tenere lontani i brividi del cyber-terrore.

La risposta di chissà quale Stato, quella vera e incrollabile, si basa su standard condivisi e filiere preparate, che vanno dai colossi alle piccole e medie imprese, passando per la sala operativa di un’utility fino all’ospedale dove magari stanno operando voi o i vostri cari. Un universo perfettamente sincronizzato — o almeno così ci raccontano, mentre aspettiamo che tutto non vada a fuoco, metaforicamente e non solo.

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