La vicenda dei forum sessisti, da quel capolavoro di fine decennio chiamato ‘Mia moglie’ fino alla piattaforma ‘Phica’, dove foto di donne vengono escluse da ogni consenso e riversate in piazze virtuali, è un incidente che richiama alla mente il film di Tinto Brass ‘La chiave’. Incredibile ma vero, stiamo ancora a fare lo sgambetto guardando dal buco della serratura, malgrado il miracolo del progresso digitale. Un mix irresistibile di voyeurismo e narcisismo collettivo, in cui gli scambi tra i marmocchi del web alzano il sipario su un circo d’ipocrisia sociale.
Lo psichiatra Claudio Mencacci non perde occasione per sottolineare il paradosso: un film ambientato negli anni ’40 che diventa ingenuamente una metafora in un’Italia ancora incapace di staccarsi dal pettegolezzo bieco, oggi aggiornato nella sua versione digitale, tra like e commenti al vetriolo. Timidamente chiamata “sessualità”, questa nuova forma di comunicazione si nutre più di sguardi predatori che di vero dialogo. Insomma, la donna – un tempo soggetto, oggi puro oggetto da esibire – continua a essere vittima di questa surreale religione della contemplazione sessista.
Nel grottesco scenario che vede protagoniste attrici, giornaliste, leader politiche, influencer e perfino vittime di coniugi traditori pronti a dare spettacolo pubblicando immagini private, Mencacci squarcia la cortina di commiserazione e glossario per addentrarsi nel vero cuore della questione. Si tratta, infatti, della «grande fascinazione dello sguardo indiscreto», un rituale sociale che si nutre «della trasgressione nascosta» mentre tutti sanno benissimo di condannarla. Ecco servita la grande ipocrisia italiana – tra un tweet e un commento sessista – che trasforma le donne in oggetti da possedere piuttosto che persone da rispettare.
Il co-presidente della Società italiana di neuropsicofarmacologia e direttore emerito di Psichiatria presso l’Asst Fatebenefratelli-Sacco di Milano sottolinea come i commenti e le frasi talmente indegne da non poter essere nemmeno riportate siano solo il balletto di una parte della società che si sente autorizzata a mostrare la sua più becera natura. In realtà, dietro a questa sceneggiata si cela una ferita ben più profonda: la disistima verso le donne e una palese intenzione di sabotare quel tanto di emancipazione che si pensava ormai acquisito. Mencacci ci ricorda che una fetta del nostro Paese resta intrappolata nel passato, pronta con crudeltà a distruggere l’autostima femminile senza batter ciglio.
La tempesta di polemiche e denunce scaturita da questo scandalo ha costretto l’Italia a fare i conti con una verità scomoda e ingombrante: sotto le vesti di una società emancipata, si annidano ancora sacche di arretratezza e misoginia strisciante. A detta dello psichiatra, siamo tornati a mettere il voyeurismo sul palcoscenico, anzi nella piazza pubblica digitale, mescolato a una buona dose di esibizionismo borghese. Eh sì, perché mostrare la moglie come si esibisce una Ferrari è tanto da sciocchi quanto da ipocriti, con quel retrogusto luccicante di classismo da manuale.
Questi comportamenti, che credevamo relegati al passato o almeno ammorbiditi, invece resistono con la tenacia di un’infezione incallita e non risparmiano nessuno – donne ovviamente, ma anche la dignità di un’intera nazione. Se c’è una cosa su cui non possiamo girarci dall’altra parte, è proprio la nostra indignazione collettiva. Perché ciò che stiamo guardando è uno spettacolo miserabile e imbarazzante che sfida il senso comune e ridicolizza qualsiasi concetto di rispetto e civiltà.



