Adesso ci sparpagliamo in 26 Paesi: perché accontentarsi di meno?

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Il segreto svelato: come Pampers prova a salvarci dalla solitudine della genitorialità

Diventare genitori è senza dubbio una delle esperienze più intense e sconvolgenti che la vita possa offrire. Eppure, per almeno una mamma su due e un papà su tre, i primi anni con il neonato si trasformano spesso in un calvario segnato dalla solitudine e da una pazzesca sensazione di inadeguatezza. Come se non bastasse il pianto notturno, ecco che arriva pure il senso di fallimento sociale. Questa è la fotografia cruda confezionata dal primo Osservatorio sulla genitorialità, ideato e promosso da Pampers, che da sempre si autoproclama “amico” di famiglie e bambini.

Per non farci sentire troppo soli nell’immane impresa di far crescere un figlio, Pampers Italia ha pensato bene di lanciare Pampers Village, un progetto che ambisce niente meno che a diventare un alleato, un compagno di viaggio sacramentale per genitori spaesati. Meno pannolini, più “connessione umana”, dicono loro, con un ecosistema di supporto, ascolto e orientamento dedicato a quei 1000 giorni cruciali della vita del neonato. Un modo elegante per dire: “Non siete soli a impazzire, ci siamo anche noi.”

L’esordio di questa rivoluzione irresistibile avverrà a Milano, sabato 13 settembre (mica un giorno qualunque), nel suggestivo scenario della Biblioteca Chiesa Rossa, per poi spargersi come una primavera dolorosa anche a Pescara, Palermo e Roma. Il mantra? “Per crescere un bambino serve un villaggio”. Genitori e figli meritano un reticolato di amore, fiducia e condivisione, anche se evacuare la stanchezza a colpi di comunità è un’operazione tutt’altro che immediata.

Per aggiungere un pizzico di credibilità a questo giochetto, Pampers ha stretto un’alleanza con la Onlus Centro per la salute delle bambine e dei bambini (CSB), quella saggezza istituzionale che si occupa di salute, sviluppo, diritti dell’infanzia e del supporting genitoriale. Un matrimonio di valori che suona come una lode alla “costruzione di reti di supporto” per recuperare quel senso di comunità che ormai si fa raro come un pannolino pulito a notte fonda.

Il progetto, ovviamente, non lascia nulla al caso. Tra i suoi pilastri c’è una ricerca sociale che non manca di raccontare le gioie (ma soprattutto le fatiche) quotidiane dei genitori, eventi itineranti che attraverseranno parchi cittadini per “favorire la connessione” tra famiglie – termine elegante per indicare riunioni dove genitori stressati possono finalmente lamentarsi insieme – e, dulcis in fundo, la creazione della prima community virtuale Pampers dentro l’app Coccole Pampers. Qui, tra chiacchiere digitali, si potrà creare un villaggio da tastiera, dove condividere dubbi, paure e, perché no, qualche meme ironico su pappe e pannolini.

Infine, per non farsi mancare nulla, arriva la prima campagna di responsabilità sociale di Pampers, che promette di mostrare al mondo come si possa costruire un sostegno concreto per i genitori. Insomma, se il senso di impotenza vi schiaccia, non disperate: c’è un villaggio pronto ad accogliervi, fatto di eventi, chat, ricerche e tanto, forse troppa, empatia corporate.

Ah, il piacevole sollievo di scoprire che non siamo soli nella nostra disavventura chiamata genitorialità, travestita da quadernone fitto di ansie e dubbi. Sì, scoprire che siamo in tanti ci fa sentire meno disperati, o almeno questo è il conforto gentilmente offerto dal neonato Osservatorio Pampers.

Questo illuminante Osservatorio, frutto di una collaborazione con Eumetra (perché serve un’agenzia seria per indagare le lacrime di neogenitori), ha iniziato ascoltando un’orchestra di esperti multispecialistici: psicologi dell’età evolutiva, educatori, pedagogisti, pediatri, ginecologi e operatori sociali, in una specie di torre di controllo che osserva genitori preoccupati 24/7. Poi sono arrivati i dati veri, pescati da un campione di oltre 3.000 genitori, tra quelli in attesa, potenziali o con figli da zero a sei anni. Quel che emerge, dal cupo al tragico, è che la solitudine e l’incertezza dilagano soprattutto tra i neofiti genitoriali. Una sorta di “missione impossibile” accompagnata da un 63% di mamme e un 51% di papà che ammettono di aver bisogno di aiuto – mica pizza e fichi! E il 50% si sente non all’altezza, quasi come se stessero per affrontare la finale di “Genitore Sei Tu”. Ma attenzione, il 45% invece si strugge nella agonia della “caccia alla perfezione genitoriale”, nonostante un punteggio autoassegnato di 7,4 su 10, che sembra dire “stiamo andando no bene, ma non bene abbastanza”.

L’Osservatorio ci regala inoltre il ritratto spassoso di chi desidera o meno diventare genitore. Pare che una coppia su tre, tra sogni e speranze, stia progettando almeno un figlio nella propria vita: il 22% ne vuole uno solo, il 57% due e un modestissimo 14% osano aspirare a tre o più. E chi dice di no? Ah, i soliti paurosi della responsabilità (45%), quelli con il portafogli troppo magro (40%) e quelli terrorizzati dal futuro ignoto (38%). Il risultato? Una genitorialità più da “performance” che da “godimento” esperienziale, alimentata da un terrore paralizzante di essere inadeguati non solo economicamente, ma soprattutto nei confronti del sacro ruolo genitoriale. Ecco quindi il coro unanime del disagio: mancanza di reti sociali, assenza di quel benedetto “villaggio” che potesse offrire supporto, scambio e compagnia tra genitori.

Ma non temete: arriva in soccorso il mitico Pampers Village, una sorta di paradiso terrestre per genitori e bimbi da zero a tre anni. Un’oasi di calma, spazi gratuiti e tempi lenti, dove mettere da parte il cronometro e dedicarsi a cose semplici ma “ad alto impatto”, secondo i fautori del progetto “Un villaggio per crescere”.

Durante la mattinata, famiglie felici (o almeno determinate a sembrare tali) potranno “sperimentare” attività di gioco minimalista e creatività espressiva, leggere storie grazie alla collaborazione con “Nati per leggere” e partecipare a esperienze sonore e musicali con “Nati per la musica”. Perché niente dice “genitorialità perfetta” come leggere, cantare e giocare con oggetti di uso quotidiano, rigorosamente scientifici e certificati.

La promessa? Un’esperienza densa di relazioni da portare a casa come un manuale pratico delle “piccole cose quotidiane” che – sorpresa! – fanno grandi i bambini. Chi l’avrebbe mai detto?

Antonio Fazzari, General Manager di Fater, non ha perso l’occasione di puntualizzare:

“Da sempre con Pampers mettiamo al centro le persone, soprattutto i bambini e i loro genitori, e lo facciamo partendo dall’ascolto: delle loro esigenze, dei loro sogni, ma anche delle loro difficoltà. Proprio da questa volontà è nato l’Osservatorio Pampers sulla genitorialità, che ci ha restituito una fotografia chiara dei bisogni delle famiglie di oggi e ci ha spinti a dare una risposta concreta con il progetto Pampers Village. Un luogo, fisico e digitale, pensato per offrire supporto, creare relazioni e costruire un senso di comunità. Perché è questo il modo in cui intendiamo essere vicini, ogni giorno, ai nostri consumatori.”

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