La sanità privata accreditata, quella che dovrebbe sostenere il servizio pubblico nazionale, è strangolata da regole insensate e tariffe ridicole, mentre le farmacie si godono privilegi e rimborsi esagerati.
L’Unione nazionale ambulatori, poliambulatori, enti ed ospedalità privata (Uap) non ha usato mezzi termini nel denunciare la situazione: gli ambulatori e i poliambulatori accreditati devono sottostare a una marea di standard, verifiche e procedure di accreditamento che cambiano da Regione a Regione. Un vero guazzabuglio burocratico che rallenta tutto, scoraggia e, soprattutto, strozza chi vorrebbe semplicemente lavorare.
Come se non bastasse, dopo vent’anni di attesa, è arrivato il nuovo Nomenclatore tariffario che – sorpresa! – peggiora le cose con rimborsi ancora più bassi rispetto al passato, che già erano una presa in giro. Visite specialistiche pagate meno di una cena al ristorante, elettrocardiogrammi rimborsati con briciole: questo è il modello vincente per chi opera nella legalità e cerca di mantenere alta la qualità.
Con queste tariffe e una montagna di vincoli burocratici, secondo l’Uap le strutture medio-piccole rischiano la chiusura o, peggio, di diventare preda di grandi gruppi, spesso esteri, che a loro volta puntano solo a numeri standardizzati e processi “a catena di montaggio”. E così addio al rapporto umano, alla cura personalizzata e alla reale attenzione verso il paziente.
Il capitolo farmacie è poi l’apoteosi dell’assurdo. Secondo le norme, dovrebbero limitarsi ai test di prima istanza senza fornire referti medici. Invece, grazie alla famigerata “Farmacia dei servizi”, si cimentano anche negli esami diagnostici più complessi, andando ampiamente oltre ciò che la legge prevede.
Non è tutto: mentre le strutture accreditate ricevono poco più di 11 euro per un elettrocardiogramma, le farmacie si intascano la bellezza di 26 euro, praticamente il doppio. Un vero e proprio paradosso che nessuno sembra intenzionato a correggere.
Ora, con il disegno di legge “Semplificazioni”, si tenta di rendere tutto ciò permanente, aggirando le regole che valgono per tutte le altre strutture sanitarie. Un inganno lento e nascosto che rischia di spaccare un sistema già fragile.
C’è poi il mistero del “fabbisogno” sanitario: ogni struttura deve rispettare criteri regionali precisi per essere accreditata, una regola ferrea e inderogabile per tutti, meno che per le farmacie che agiscono senza che nessuno spieghi in quale fabbisogno rientrino. Ma, ovviamente, nessuno fa domande, e loro continuano a operare indisturbate.
Mariastella Giorlandino, presidente dell’Uap, taglia corto:
“Stesse regole, stessi diritti, stessi doveri: questa è l’unica vera equità. Non possiamo accettare che chi rispetta la legge venga penalizzato mentre chi si muove in deroga venga premiato. La sanità privata accreditata non chiede privilegi, ma solo condizioni degne per continuare a offrire servizi essenziali ai cittadini. Se continua così, a perdere non saranno soltanto gli operatori, ma soprattutto i pazienti.”



