Quando la famiglia diventa subdola: la cognata del killer condannata a pagare 25mila euro alla famiglia della vittima per un’auto comprata sotto il tavolo.
Chi l’avrebbe detto che un’auto potesse raccontare una storia così sporca? Due mesi dopo il tragico omicidio di Giulia Tramontano, appena 29enne e incinta di sette mesi, il suo assassino, Alessandro Impagnatiello, decide di svendere la sua Volkswagen T-Roc. Ma non una semplice svendita: un vero e proprio giochino familiare che il Tribunale civile di Milano ha finalmente deciso di smascherare con una sentenza che profuma di giustizia tardiva.
Impagnatiello, condannato all’ergastolo per aver ucciso la compagna, aveva affidato la gestione dei suoi beni al fratello Omar dopo il suo arresto. E così, nel mese di agosto 2023, la T-Roc è passata dal fratello alla moglie di quest’ultimo per la miseria di 10mila euro, nonostante ne valesse almeno il doppio. Una svendita? No, un’operazione strategica, se vogliamo usare un eufemismo.
Ma cosa ci guadagnava questa famiglia? Secondo i giudici, molto semplice: l’intera manovra era servita a “eludere le ragioni creditorie” della famiglia di Giulia Tramontano. Tradotto: ridurre il patrimonio di Impagnatiello, così che l’eventuale risarcimento dovuto ai parenti della vittima potesse essere il più risicato possibile. Insomma, un tentativo di sottrarre denaro ai legittimi aventi diritto con la complicità di chi avrebbe dovuto, invece, rispondere di onestà.
Adesso, però, il Tribunale ha finalmente messo i puntini sulle i. La cognata dell’assassino è stata condannata a risarcire la famiglia di Giulia Tramontano con una cifra vicina ai 25mila euro: 20mila per il valore reale dell’auto e altri 5mila per le spese legali. Una piccola vendetta giudiziaria, che almeno prova a cucire uno strappo nel groviglio di slealtà e infamia che circonda questa vicenda.
La storia è dolorosa, eppure incredibilmente ordinaria: l’avidità familiare che cerca di coprire la violenza con finti buonismi e sotterfugi economici. Ma stavolta il tribunale di Milano ha detto basta a queste sceneggiate. Una condanna che arriva a pochi mesi dall’ergastolo inflitto a Impagnatiello, ma che suona come un monito chiaro: né la violenza né tantomeno il cinismo di chi la copre possono restare impuniti, nemmeno dietro un volante.