Prof dell’università di Palermo si supera: vieta amicizie su Facebook ai soli ebrei, e nessuno ha ancora capito perché

Prof dell’università di Palermo si supera: vieta amicizie su Facebook ai soli ebrei, e nessuno ha ancora capito perché
Scoppia la polemica all’università di Palermo per l’invito choc del docente a cancellare gli ebrei dagli amici social

È bastato un post sui social per scatenare il caos all’università di Palermo. Luca Nivarra, il professore ordinario di Diritto civile e decano del Dipartimento di Giurisprudenza, ha pensato bene di suggerire a tutti di “togliere l’amicizia su Facebook” agli ebrei. Perché, a suo dire, sarebbe un gesto – oscuro e minimale, ma significativo – per opporsi a quello che definisce un “Olocausto palestinese”.

Un consiglio che suona più come un’invettiva: “Non voglio intromettermi oltre – scrive Nivarra –, ma visto che abbiamo pochi strumenti per fermare questa tragedia, iniziamo a far sentire soli gli ebrei, faccia a faccia con la mostruosità di cui sono complici”. Ah, e attenzione: nemmeno quelli “buoni”, che si dicono disgustati per l’operato del governo di Israele e delle IDF, sono esenti da questa ‘pulizia digitale’. Tutti colpevoli e da isolare.

Insomma, niente dialogo né confronto, ma una bella rimozione forzata per “fare sentire” la loro solitudine. Un brillante suggerimento per una tragedia complessa come il conflitto mediorientale, vero?

Ma, per fortuna, a Palermo non tutti apprezzano questa invenzione da manuale dell’intolleranza più raffinata.

Massimo Midiri, il rettore dell’Ateneo siciliano, non ha esitato a prendere le distanze da questa fuoriuscita illiberale e anticonciliante. Secondo Midiri, «l’invito a tagliare i ponti con gli ebrei è un’autentica sciocchezza che rischia di alimentare proprio le dinamiche di odio che vorrebbe combattere».

Il rettore non si limita a condannare l’invito a escludere gli altri, ma rilancia sull’unico metodo serio per affrontare questioni così spigolose: «Il dialogo e il confronto critico sono le uniche strade percorribili, non certo l’isolamento e, peggio ancora, una cappa di censura ideologica».

Non è un caso che, proprio nel 2024 e confermato per il 2025, l’Università di Palermo abbia visto il suo Senato accademico e il CdA impegnati in mozioni che condannano con il massimo rigore sia l’attacco terroristico di Hamas dell’7 ottobre, sia la successiva azione militare israeliana a Gaza, con un blocco netto di ogni forma di violenza e violazione dei diritti umani.

L’Ateneo ha ribadito con fermezza la condanna di tutte le atrocità commesse, senza se e senza ma, ma senza mai dare il via libera all’isolamento dei singoli al di là delle loro posizioni critiche o meno.

In sostanza, l’appello di Nivarra è stato bollato come «una trovata personale culturalmente pericolosa, che si allontana radicalmente dai valori e dai principi che l’Università di Palermo invece difende».

Un piccolo episodio che, tra provocazioni social e contagiosa ignoranza, ci ricorda quanto sia facile cadere nella trappola dell’odio digitale anche in contesti accademici. Naturalmente, senza nemmeno cercare soluzioni costruttive o sviluppare un minimo senso di responsabilità.

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