L’Ufficio centrale interforze per la sicurezza personale del ministero dell’Interno ha deciso di assegnare la scorta a Angelo Pomes, sindaco di Ostuni, dopo un inquietante episodio intimidatorio che ha acceso i riflettori sulla sicurezza delle istituzioni locali.
Il 15 agosto scorso, a pochi metri dallo studio professionale del sindaco, è stata rinvenuta una bomba a mano, un gesto dal chiaro intento intimidatorio secondo gli investigatori. La tensione era già salita in precedenza, quando una telefonata anonima aveva allertato sulle presunte minacce di un ordigno nascosto dentro il Palazzo di Città, allarme poi rivelatosi infondato.
Di fronte a questa escalation di minacce, si è prontamente riunito il comitato per l’ordine e la sicurezza, un consueto teatro di controllo e misure che però, almeno in teoria, dovrebbe garantire protezione a chi rappresenta la collettività.
Inutile dire che la questione apre il sipario sul fragile equilibrio tra la sfrontatezza di chi tenta di intimidire attraverso azioni da film noir e l’apparato istituzionale chiamato, con la consueta efficienza, a rispondere con misure di sicurezza che spesso arrivano solo quando il danno è già fatto.
La scorta a Angelo Pomes è solo l’ultimo capitolo di una narrazione scomoda, dove la criminalità sembra sempre un passo avanti e le autorità inseguono con strategie che, in un film d’azione, sarebbero chiamate “ritardi ingiustificati”.
Restano molti interrogativi sul livello di protezione effettivo garantito ai rappresentanti locali nelle città come Ostuni, dove l’intimidazione non è più un tabù ma un’oscura realtà quotidiana da affrontare senza mezzi termini.