Il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi decide di mettere ordine nel caos mediatico che è esploso dopo la tragica morte di due persone in seguito all’uso del taser. Un dramma che, a suo dire, non dovrebbe trasformarsi in un pretesto per lanciare l’ennesima campagna di odio contro i tutori dell’ordine.
Naturalmente, Piantedosi ricorda che l’autorità giudiziaria svolgerà tutti gli accertamenti necessari, ma sottolinea con un tono che rasenta l’indiscutibile che nulla può intaccare “professionalità , equilibrio e impegno” delle forze di polizia.
Nei due episodi in questione, si tratta di carabinieri impegnati in situazioni evidentemente “estremamente difficili e rischiose” – come se fossimo in un film d’azione di basso livello. E, aggiunge l’illustre ministro, rispetto e riconoscimento vanno garantiti a questi uomini soprattutto quando sono loro stessi vittime dello scenario infernale in cui si trovano.
Ed ecco la ciliegina sulla torta: chi si azzarda a criticare l’utilizzo del taser, sempre nello sguardo vigile dell’ideologia, deve ricordarsi che si tratta di uno strumento assolutamente imprescindibile. Un amuleto fornito agli agenti per evitare di tirare fuori la pistola, nientemeno.
Le regole di ingaggio, specifica il ministro, dispongono che il taser venga impiegato solo contro soggetti violenti e aggressivi, quelli che di solito “rappresentano un concreto pericolo per i presenti”. Insomma, non è roba da usare come un giocattolo, ma la sicurezza dei cittadini resta “il primo obiettivo” da perseguire con zelo quasi religioso.
Dalle prime ricostruzioni (che poi saranno confermate o confutate), pare che proprio questa fosse la dinamica con cui i carabinieri si sono trovati a fare i conti. Di fronte a ciò, tutte le polemiche contro le forze dell’ordine vengono bollate senza mezzi termini come “pretestuose, pregiudiziali e infondate”.
E ovviamente, chiudendo il cerchio, il Governo ribadisce con tutta la forza possibile la sua “gratitudine” e il suo “completo sostegno” verso le nostre instancabili forze di polizia. Perché in fin dei conti, niente deve scalfire quell’aura quasi divina che circonda chi ci protegge con taser in mano.



