Dieci milioni per l’Asp di Messina: il piano siciliano per colmare il divario sanitario
L’Assessorato alla Salute della Regione Sicilia ha dato il via libera al Piano Operativo dell’Asp di Messina, parte integrante del Programma Nazionale Equità in Salute, con un budget complessivo di 10 milioni di euro. Un’importante cifra destinata, si spera, a livellare le disuguaglianze nell’accesso ai servizi sanitari, con un occhio di riguardo alle regioni del Mezzogiorno, che non sono proprio famose per avere un sistema sanitario da manuale.
Questo Programma, sponsorizzato dal Ministero della Salute, punta tutto su un potenziamento mirato delle prestazioni sanitarie e su un accesso più equo, giusto per evitare che la salute resti un privilegio. Il finanziamento arriva come al solito da due fonti blasonate: il Fondo Sociale Europeo Plus (FSE+) e il Fondo Europeo di Sviluppo Regionale (FESR), la solita zuppa di fondi europei che alimenta ogni buon progetto locale.
Il Piano Operativo si articola su tre aree ben definite: i consultori familiari, la salute mentale e gli screening oncologici. Giusto per non disperdere le energie, l’Asp si è dotata di una cabina di regia che porta il nome – rigorosamente ufficiale – della dott.ssa Nina Santisi, con il supporto amministrativo dell’avvocato Norma Rivetti e del dott. Giuseppe Arcanà. Questi ultimi hanno il compito di pilotare i gruppi di lavoro dedicati ad ogni settore tematico e di tenere il filo con l’assessorato regionale, che ovviamente è l’Organismo Intermedio. La burocrazia non manca mai.
Passando all’Area “Il genere al centro della cura”, con alla guida la dottoressa Francesca Ullo, ci si concentrerà sui consultori familiari con un potenziamento delle attività di Home Visiting nei primi mille giorni di vita. Per chi non lo sapesse, questo periodo è considerato strategico per lo sviluppo del bimbo, da quando ancora è nella pancia fino al primo anno di vita. L’obiettivo è quindi quello di accompagnare le famiglie con interventi educativi post parto, insegnando le “primissime cure” del neonato e tentando di ridurre i rischi durante la gravidanza e i primi anni, il tutto tenendo conto dei diversi background culturali perché ognuno ha la sua bella storia da raccontare.
Sempre nello stesso ambito, si prevedono interventi per adeguare strutturalmente i servizi consultoriali rimasti fuori dalle Case di Comunità, e una spinta verso la tecnologia per rendere le sedi più sicure, accessibili e attrezzate con strumentazione all’avanguardia. Niente male, si direbbe, se non fosse che poi l’attuazione pratica come al solito è tutta da verificare.
Dalla parte della salute mentale, l’Area coordinata dal dott. Giuseppe Rao si divide in tre ambiti ben distinti: i progetti terapeutici riabilitativi personalizzati, il sostegno alle famiglie dei pazienti psichiatrici e il supporto agli operatori del settore. Tre mani invisibili, per così dire, curate rispettivamente da Angela Salvo, Antonella Casablanca e Letizia Caracciolo – tutti nomi che, promettono, faranno la differenza.
Le azioni in questo campo puntano a rafforzare i Centri Aperti di Salute Mentale, con l’ambizione di farli diventare strutture ‘di prossimità’, pensate apposta per essere vicine alle reti di cura. Sono in programma Centri Aperti sia nella zona tirrenica sia in quella ionica, giusto per non fare torto a nessuno. Nel frattempo, è già attivo il Centro di pronta accoglienza, o come lo chiamano ufficialmente, “centro di crisi”, collaudato secondo la legge del 7 ottobre 2024, n. 26, che prevede un sistema integrato, diffuso, inclusivo e quanto mai complesso per prevenzione, cura, riduzione del danno e inclusione sociale nel campo delle dipendenze. Un vero e proprio vademecum per chi si perde tra normative e burocrazia.
Ah, le meraviglie dell’efficienza burocratica in salsa sanitaria: un progetto che si occupa di “migliorare le modalità comunicative intrafamiliari” per i pazienti con problemi psichici, come se una bella chiacchierata potesse magicamente risolvere i guai mentali. E non finisce qui: le famiglie devono diventare alleate attive nelle decisioni che riguardano i loro cari. Perché chi meglio di chi si ritrova a convivere col caos può garantire scelte “adeguate”?
Naturalmente, per sostenere questi disgraziati operatori sanitari che faticano a tenere la barra dritta, arriva il grande tocco finale: il “rafforzamento delle skill relazionali” attraverso una formazione – finalmente! – e gruppi di discussione ben mirati a combattere il temutissimo burnout. Perché niente dice “prestazione eccellente” come un gruppo di autoaiuto tra colleghi esausti, vero?
Ma ora passiamo alla vera star del progetto, l’Area “Maggiore copertura screening oncologici”, o come ci piace chiamarla, la macchina del consenso medico a tappeto. Qui l’idea geniale è potenziare i punti di screening non solo fissi, ma anche mobili – sì avete letto bene, un “motorhome” attrezzato che girerà per la provincia come un ambulante della salute. Così nessuno potrà più scusarsi con la scusa della lontananza o delle terribili condizioni socio-economiche: la diagnosi precoce vi raggiungerà ovunque, come un fastidioso venditore porta a porta.
Per acquistare questi costosissimi gadget – mammografi, colposcopi, endoscopi – si rifà il trucco a strutture esistenti, sperando che facciano il loro dovere e non restino parcheggiate a prendere polvere. Il camper, bello e efficiente, verrà mandato nei luoghi dove lo screening oncologico non è esattamente popolare, magari a causa di “motivi orografici”, o magari semplicemente perché lì la gente preferisce vivere senza controlli medici invasivi.
La Direzione Strategica dell’Asp di Messina – quel fantastico trio che prende decisioni illuminate – si dice “molto soddisfatta” del progetto. Evidentemente, sentirsi soddisfatti è il nuovo parametro di successo in sanità pubblica. L’obiettivo? Puntare ai “bisogni dei cittadini più vulnerabili” e cavalcare la tanto decantata prevenzione, quella che tutti applaudono ma nessuno applica davvero nelle giuste dosi.
Non mancano ovviamente i “gruppi di lavoro dedicati” che, sotto il coordinamento del direttore generale Giuseppe Cuccì, il direttore amministrativo Giancarlo Niutta e il direttore sanitario Giuseppe Ranieri Trimarchi, si prodigano per raggiungere quei risultati utopici che confluiranno in servizi “più rispondenti e personalizzati”. Insomma, la solita cantilena di miglioramenti dichiarati che sembrano fantastici sulla carta.
L’apertura del Centro di Pronta Accoglienza per le dipendenze è l’unico “segno evidente” finora tangibile. Ma tranquilli: a breve arriveranno altri miracoli come l’acquisto di nuove strumentazioni per consultori e screening, l’ennesimo potenziamento di sedi consultoriali sparse in provincia… perché evidentemente c’è sempre spazio per una nuova siringa o un nuovo eco screening, in un sistema che proprio non sa come spendere quei fondi, giusto?
In definitiva, la strategia è chiara: tanto rumore, qualche attrezzatura nuova e una buona dose di entusiasmo direzionale, per mantenere tutti ben occupati a fingere che “le cose stanno cambiando”. Nel frattempo, il disagio mentale resta un tabù, i tumori non aspettano, e il camper gira, inesorabile, portando avanti la farsa dell’assistenza sanitaria che tutti amano celebrare – ma nessuno vede davvero funzionare.



