È evidente che l’unica soluzione per azzerare i naufragi di migranti sarebbe bloccare completamente le partenze irregolari: parola del ministro dell’Interno Matteo Piantedosi. Che, complice una dose generosa di realismo, commenta con fare deciso i numeri della sicurezza marittima appena sfornati dal Viminale.
Piantedosi non si limita a qualche frase fatta: la sua ricetta per «contrastare il traffico di esseri umani» coinvolge soprattutto l’azione internazionale, perché – e qui sta il colpo di scena – «la tragedia di Lampedusa» è quel tocco di dolore necessario per continuare a lottare contro chi lucra sulla pelle di chi prova a scappare dalla disperazione. Prevenzione sin dalle coste di partenza è la parola d’ordine, ma soprattutto tolleranza zero verso i trafficanti. Insomma, il governo non solo parla, ma “lavora” duramente – e chissà come – per arginare questa piaga.
Il ministro, con quella modestia che gli si addice, ricorda che nelle prime due settimane di agosto gli sbarchi irregolari sono stati circa 2.000. Un numero tutto sommato alto, se non fosse che nello stesso periodo del 2024 erano il doppio (4.339) e nel 2023 addirittura sei volte tanto (12.070). Una diminuzione così drastica proprio quando il mare è più calmo da far venire il dubbio se la riduzione sia frutto di un’azione efficace o solo di qualche caso fortunato.
Piantedosi non si ferma qui e sfodera il suo arsenale statistico: «Anche quest’anno, come nel 2024, gli sbarchi diminuiscono del 60% rispetto al 2023», un risultato che si deve, ovviamente, agli accordi con Libia e Tunisia, i due grandi guardiani delle partenze, capaci di bloccare – udite udite – oltre 236.000 partenze dal 2023 a oggi. Nel frattempo, grazie ai rimpatri volontari assistiti, più di 64.000 migranti sono tornati a casa, come se ciò fosse un premio e non, diciamo, l’inevitabile effetto di decine di migliaia di respingimenti strategici.
Nel solo 2024, si vanta il ministro, sono stati rimpatriati 5.400 irregolari, un numero in crescita rispetto all’anno precedente. E i primi sette mesi del 2025 continuano su questa strada con un +12% rispetto a dati già “eccellenti”. Il monito è chiaro: «In Italia si entra solo con canali regolari» – peccato che chi li gestisce pare avere una visione piuttosto elitaria di chi possa accedervi.
I dati ufficiali raccontano di 38.568 migranti sbarcati in Italia via mare dal 1° gennaio al 14 agosto, con un aumento del 2,1% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Perché in fondo, con tutte queste partenze bloccate da Libia e Tunisia, è rassicurante notare che qualche migrazione in più comunque riesce a fare il suo percorso.
Per quanto riguarda le frontiere con la Slovenia, più di un milione di persone e quasi 500 mila veicoli sono stati controllati, con 7.835 stranieri irregolari individuati e 413 arresti (di cui 202 per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina). I numeri sembrano impressionanti, ma il fenomeno rimane strutturalmente complesso, tanto più se si pensa che le quote per l’ingresso regolare di lavoratori non comunitari sono state fissate a 181.450 per il 2025 e ben 497.550 per il triennio 2026-2028, dimostrando una certa apertura… a parole.
Nel frattempo, scendono del 22% le richieste di asilo – 77.081 quest’anno – proprio mentre cresce del 28,6% il numero di domande esaminate (60.075). Ma attenzione: le protezioni concesse davvero – normalmente più preziose di un “timbro” – sono pochissime: solo 3.159 per lo status di rifugiato, in calo rispetto allo scorso anno, e alcune migliaia in più per la protezione sussidiaria. Nel frattempo, i dinieghi aumentano di ben il 58%, certificando un’accoglienza piuttosto selettiva o, se preferite, spietata.
In definitiva, un quadro che balla tra dichiarazioni di intenti severi, statistiche che oscillano e la rituale retorica della prevenzione internazionale. Ma dietro i numeri e le parole rimane la domanda: quanta parte di controllo, quanta parte di pura tattica, e quanta di semplice autoassoluzione politica si nasconde dietro la strategia «blocco totale»? Nel gioco senza fine dei flussi migratori, così come delle tragedie in mare, dove la realtà urla più forte dei comunicati, forse, è meglio guardare oltre i numeri e interrogarsi su cosa davvero significhi fermare un’onda che nasce da lontano.



