Quando il carcere diventa il regalo indesiderato: ma davvero doveva finire lì?

Quando il carcere diventa il regalo indesiderato: ma davvero doveva finire lì?

Sette indagati per la morte di un giovane assassino suicida in carcere: una tragedia annunciata tra negligenze e responsabilità sfumate.

Il 27enne Stefano Argentino, reo confesso dell’omicidio di una sua collega universitaria, Sara Campanella, si è tolto la vita il 6 agosto nel carcere di Messina Gazzi. Un episodio che, lungi dall’essere un tragico caso isolato, solleva un mare di dubbi e sospetti sul funzionamento del sistema penitenziario e sulle scelte fatte dalle autorità competenti.

Non stupisce, quindi, che la procura di Messina abbia deciso di notificare ben sette avvisi di garanzia a sette persone diverse, a poche ore dall’organizzazione dell’autopsia, affidata al medico legale Daniela Sapienza. L’incarico sarà ufficializzato il 12 agosto e, naturalmente, agli indagati verrà data la possibilità di nominare propri consulenti per capire in quali misfatti o omissioni potrebbero essere coinvolti.

Il legale di Argentino, Giuseppe Cultrera, fornisce un commento che suona come una sentenza anticipata: “Sette indagati è già presagio di plurime responsabilità, probabilmente fra loro correlate”. Peccato che, a detta sua, tutto questo fosse inevitabile e che la custodia carceraria fosse del tutto inappropriata.

Il giovane, secondo le parole dell’avvocato, sarebbe dovuto finire in una struttura tipo Rems (Residenza per l’Esecuzione delle Misure di Sicurezza) o in un istituto a custodia attenuata, viste le condizioni mentali che erano emerse nel corso delle indagini. Ma si sa, la realtà è sempre più complicata delle regole e il risultato è stato fatale.

Quanto accaduto è un monito feroce: il carcere, luogo di detenzione e rieducazione secondo la Costituzione, si trasforma troppo spesso in un luogo di sofferenza esasperata quando non dovrebbe. L’assenza di adeguate tutele e l’incapacità di distinguere chi ha bisogno di cure psichiatriche dalle altre categorie penitenziarie si pagano a caro prezzo.

Ora si attendono risultati concreti dalle indagini, ma la sensazione è che la burocrazia e la paura di assumersi responsabilità rallentino ancora una volta il processo di accertamento verità. Intanto, resta la tragedia di un ragazzo che, dopo aver commesso un delitto, ha incontrato un destino ancora più crudele dentro le mura di una prigione che avrebbe dovuto proteggerlo, almeno dai suoi demoni.

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