Da anni il suolo dei Campi Flegrei vibra esattamente alla stessa frequenza: un suono sordo, monotono e impressionante che riecheggia a 3,6 km di profondità , rivelando una cavità nascosta sotto la caldera. A orchestrare questa scoperta è stato un team internazionale guidato dall’Università di Pisa, con il contributo del National Institute of Geophysics and Volcanology e del Gfz Helmholtz Centre for Geosciences di Potsdam. Lo studio, pubblicato su una rivista scientifica di alto livello, riesce a gettare nuova luce sull’evoluzione del sistema vulcanico e apre la porta a una valutazione più precisa del rischio vulcanico nell’area.
La cavità appena scoperta non è un semplice vuoto, ma un canale che collega direttamente il serbatoio profondo responsabile del sollevamento del suolo con le fumarole superficiali di Solfatara e Pisciarelli. Il risultato? Un’enorme infrastruttura sotterranea impressionante: lunga circa un chilometro, larga 650 metri, con uno spessore medio appena di 35 centimetri e un volume stimato attorno ai 220.000 metri cubi. Ma cosa contiene esattamente questa cavità ? Mistero. Le analisi suggeriscono qualcosa di inquietante come gas ad alta pressione o fluidi magmatici, ma senza alcuna certezza definitiva.
Giacomo Rapagnani, dottorando all’Università di Pisa e primo autore dello studio, è il fortunato a cui dobbiamo questa scoperta grazie all’analisi di segnali sismici di lunghissimo periodo, i famigerati VLP (Very Long Period). Rapagnani spiega:
“Questa struttura vibra immutabilmente alla stessa frequenza, 0,114 Hz, da almeno sette anni. Questo significa che le sue dimensioni e la composizione sono stabili nel tempo, un dettaglio prezioso per capire come si muovono i fluidi nel sottosuolo e per individuare eventuali cambiamenti strutturali che potrebbero anticipare un aumento del rischio vulcanico.”
I Campi Flegrei, ricordiamolo per chi non lo sapesse, sono tra i complessi vulcanici più sorvegliati al mondo, situati nel meraviglioso Golfo di Napoli. Da ormai quasi due decenni, dal 2005 per la precisione, questo territorio vive una nuova fase di sollevamento del suolo conosciuta come bradisismo, accompagnata da terremoti via via più intensi. Il più forte? Un formidabile terremoto di magnitudo 4.6 avvenuto il 30 giugno 2025, un evento che nessuno scorda facilmente.
Rapagnani non si è fermato qui e ha analizzato oltre cento terremoti verificatisi negli ultimi anni. Il risultato è sorprendente:
“Ogni volta che si registra un terremoto più intenso, si attiva questa risonanza a bassa frequenza che conferma l’esistenza della frattura sotto i Campi Flegrei. Questo comportamento è noto in altri vulcani attivi, ma finora mai osservato in quest’area.”
Se non fosse per la serietà della scoperta, potremmo definirla come una sinfonia inquietante che la Terra suona per avvertirci, ma nessuno ha ancora deciso di cambiare spartito. Le tecniche di analisi sismologica sofisticate sono il vero motore di questa scoperta, come sottolinea Francesco Grigoli, professore di Geofisica all’Università di Pisa e coautore dello studio:
“Solo spingendo all’estremo la nostra capacità di elaborare enormi quantità di dati possiamo davvero capire fenomeni complessi come terremoti ed eruzioni e limitare i danni.”
Il lavoro, frutto di una sinergia internazionale tra l’Università di Pisa, l’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia e il Gfz Helmholtz Centre for Geosciences di Potsdam, si avvale di menti brillanti come Giacomo Rapagnani, Simone Cesca, Gilberto Saccorotti, Gesa Petersen, Torsten Dahm, Francesca Bianco e Francesco Grigoli.



