Un nuovo approccio rivoluzionario con i batteriofagi sbarca a Milano per combattere infezioni impossibili da eliminare con gli antibiotici: un’ulcera cronica finalmente mostra segnali di resa.
All’ospedale Asst Fatebenefratelli Sacco di Milano hanno sfidato ogni pessimismo con un trattamento che sembra uscito da un film di fantascienza. Utilizzando i famigerati batteriofagi, virus “specializzati” nel divorare solo determinati batteri, sono riusciti a combattere un’ulcera da pressione infetta da Pseudomonas aeruginosa, un batterio noto per fregarsene degli antibiotici tradizionali. E la vera ciliegina? Il batterio in questione era resistente a ogni cura antibiotica disponibile. Roba da far lasciare senza parole anche i più incalliti pessimisti medici.
Il Pseudomonas aeruginosa, un vecchio habitué degli ospedali, è famoso per una cosa sola: resistere a tutto, come il protagonista di un action movie che continua a tornare nonostante tutto. In questo caso, il povero paziente poteva solo contare sulle terapie tradizionali, ormai del tutto inefficaci, e un ulcera che continuava a non dar segni di miglioramento.
La novità? La cosiddetta terapia fagica, che suona come la risposta definitiva a chi si è arreso davanti a infezioni ostinate e croniche. Questi virus molto specializzati eliminano i batteri più scalmanati e resistenti, senza distruggere tutto il microbiota, quel mondo invisibile ma fondamentale che vive nel nostro corpo.
Il trattamento, curato con mani esperte dal dottor Matteo Passerini all’interno del nuovo Dipartimento di Malattie infettive del Sacco, è stato somministrato in regime “compassionevole” – tradotto, l’ultima spiaggia quando tutte le altre strade sono ormai chiuse. Grazie a una collaborazione degna della migliore sceneggiatura internazionale, fra l’ospedale stesso, l’università di Pisa e il centro ricerca in Minnesota della Mayo Clinic, sono stati selezionati fagi personalizzati creati ad hoc. Un vero e proprio dream team, con un monitoraggio costante e rigoroso da parte di un’équipe multidisciplinare che non lascia nulla al caso.
I primi dati parlano chiaro: il batterio è stato cacciato via con successo, come dimostrano i numerosi prelievi fatti. La ferita, da tempo una piaga aperta più metaforica che altro, inizia finalmente a guarire. Lo stato della paziente è talmente migliorato che ora può finalmente sottoporsi a un innesto cutaneo, prima impraticabile per la pericolosa presenza batterica. Insomma, un segnale di speranza che ha il sapore della vittoria su anni di insuccessi.
L’interpretazione più lieta la offre il professor Andrea Gori, che corregge chi pensava fossero solo chiacchiere da laboratorio: con questa esperienza, aggiunge, si è compiuto un piccolo grande passo verso l’integrazione della terapia fagica nel panorama delle cure più resistenti e complesse. Le “armi naturali” contro i batteri più pericolosi non distruggono tutto ciò che hanno intorno, un dettaglio che solo i più scettici potevano ignorare.
Andrea Gori ha sottolineato:
“Questa esperienza dimostra come la sinergia tra centri di ricerca italiani e internazionali, unita alla ricerca scientifica e all’innovazione clinica, possa finalmente aprire nuove strade per quei pazienti che ormai avevano visto chiuse tutte le porte. La terapia fagica apre una stagione tutta nuova nel trattamento delle infezioni resistenti, portando speranza a chi pensava di non averne più.”



